Dovrei studiare ma non mi va, mi vorrei fumare una sigaretta, ma non per altro, quanto perché per una sera mi piacerebbe essere il tipo di donna che ho sempre sognato di essere. Il tipo di donna che ho sempre sognato di essere è alta e magra, ma non magra tonica, magra magra, con le ossa piccole e tanto leggere da sembrare cave. Una donna con poche curve, dalle mani con le dita lunghe ed un po' nervose. Tra queste dita c'è una sigaretta, tenuta in maniera elegante. Questa donna se ne sta dietro le persiane in un pomeriggio estivo torrido e sbircia fuori, poi va a sedersi alla macchina da scrivere. Fa caldo e lei indossa solo una sottoveste nera. Poggia la sigaretta su un posacenere in marmo, prende un respiro profondo e con le unghie laccate di rosso comincia a battere. Ogni tanto sospende, prende la sigaretta e tira una boccata, scostandosi i capelli neri e ricci dalla fronte alta e spaziosa. A sigaretta finita ne accende un'altra, ma il ritmo sulla macchina da scrivere si fa più serrato e quasi non la tocca quella sigaretta. Nel frattempo un gatto le si è acciambellato sulle gambe e lei lo scaccia, fa caldo. Ha finito di scrivere. La donna si alza e va ad aprire le persiane, che danno su un giardino interno. Il pomeriggio torrido è passato, Silvia può tornare a respirare un po'. Si svila la sottoveste e si infila sotto la doccia, mentre la radio gracchia canzonette. Sta scrivendo un racconto su una ragazza che vorrebbe essere lei, ambientato tra quasi cinquant'anni. Dopo la doccia si risiede con la veste da camera alla scrivania. Spegne la radio, le odia queste canzonette così insulse. Mette un disco sul giradischi, quello che le ha portato il suo amante dall'America. Parte un blues e lei ondeggia un po' il piede con il quale accarezza il suo gatto. Le mani indugiano un attimo sula tastiera. Deve scrivere di questa ragazza. La vede, in una stanza disordinata, da studentessa alla quale non hanno ben insegnato l'economia domestica. è seduta alla scrivania davanti ad un televisione con macchina da scrivere, le mani danzano veloci sulla tastiera, sono un po' paffute e le unghie sono disordinate, con lo smalto verde che se ne viene a scaglie. A Silvia ogni tanto manca l'ispirazione e si ferma un po' a pensare. La ragazza non è magra, non è alta, è una domenica sera e le sue finestre sono buie. Ascolta il Bolero di Ravel, il pigiama ha una fantasia a scacchi colorati. Una mosca le si posa sul braccio e lei la scaccia, le da fastidio essere toccata da un insetto. Ogni tanto stacca le mani dalla tastiera, allunga le braccia all'indietro e si stiracchia, un po' pigra, le braccia robuste. Midori si ferma e beve un bicchiere d'acqua.
Sta scrivendo di una donna che sta scrivendo di lei, che sta scrivendo di lei.
E così via, in un gioco di matrioske che continua all'infinito, fino a quando ci saranno le due donne che scrivono, Midori e Silvia, Silvia e Midori.
Midori (e Silvia)
Wow!
RispondiElimina(Lo so, wow non è un commento granché intelligente, però wow! Come altro definire questo bellissimo racconto nel racconto, o sogno nel sogno? Intanto però sto commentando il mio commento perciò il mio è un commento nel commento, no? :P)
Contenta che sia piaciuto questo gioco di specchi :)
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