giovedì 12 aprile 2012

Pasquetta mon amour

La Pasquetta giù a casa è un affare serio. O la si fa bene o tanto vale starsene a casa.
Il Rufo di solito è l'ammiraglio di queste spedizioni. 
Quest'anno eravamo in 25. L'equipaggiamento prevedeva:
  • tenda da 10 posti montata senza camere ed ingresso, a protezione dal ventaccio.
  • griglia e carboni, con relativo kit di legna, accendini e compagnia bella
  • masserizie varie, che vanno dalle lasagne leggendarie a teglie di dolci al cacao, passando per pizze di patate, pizze rustiche, arachidi, anacardi e rice. Senza dimenticare i muffin al cioccolato e la colomba. Ed ovviamente la portata principale: chili e chili di salsiccia da grigliare e mangiare calda appena fatta.
  • Quantità industriali di birra e coca cola, per tacer dei due fiasconi di vino fatto dalla famiglia di un amico.
  • Le tre taniche da cinque litri ciascuna di acqua potabile e non, da bere (per quanta acqua si sia bevuta) e per lavarsi le mani.
  • Le classiche stoviglie delle scampagnate, ovvero il servizio buono di plastica: il più economico che vendevano al discount.
  • Pallone da calcio, pallone da pallavolo e una pompa per rigonfiarli quando necessario.
La Pasquetta  è organizzata come una campagna militare e dato che non abbiamo memoria di una Pasquetta in cui ci sia stato bel tempo, di solito è la campagna militare in Russia.
Coperti di felpe e felponi, tute e tutoni abbiamo aggredito la giornata. Come in tutte le campagne militari non possono mancare i caduti, ovvero gli idioti che non si sanno dosare il bere e che prima dell'arrivo della carne sono già morti stesi sotto un albero, mentre attorno a loro si avvicendano le anime pie della compagnia e l'unica cosa più vicina ad un medico della quale disponiamo, ovvero mia sorella Lucia.
Sono lieta di annunciare che io non ero tra i caduti in questa occasione. Il segreto è nella birra. Fino a quando si abusa solamente di Peroni e  non si aggiungono altre cose, il risultato è ridarella,allegria ed il non trascurabile bisogno di fare pipì ogni cinque minuti. Essendo in aperta campagna c'è solo una soluzione possibile: la pipì en plein air, della quale io sono una grandissima fan. 
La fenomenologia di questa liberazione della vescica prevede un gruppetto di ragazze che si allontana il più possibile, armate di bustina e fazzoletti e poi si cala le braghe a turno. A parte il brivido del rischiare di essere visti, sentire il vento che accarezza parti che non vengono mai toccate dalla brezza è abbastanza liberatorio. 
La Pasquetta è quindi libertà eppure fatica. Perchè di solito il fuochista richiede un certo aiuto. Infatti, causa vento il fuoco non prendeva. Allora come in tutte le favole dei fratelli Grimm siamo stati mandati in giro per le  campagne vicine alla ricerca di fascine, con la promessa di non fermarci a parlare con i lupi e di tornare prima del tramonto.
La giornata si è conclusa di fronte al falò, in silenzio, studiando le ombre dentro il fuoco, mentre finalmente il vento calava.

                                                                                 Midori

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