domenica 4 marzo 2012

Domenica mattina a modo mio

Svegliarsi con la chiamata di AlexV ed andare a fare colazione da lei, con i pantaloni del pigiama e la camicia a scacchi per stare in casa.
Breakfast tea, biscotti e latte, il tutto guardando Boris, fuori il sole. Parlare e poi stare un po' spanciate sul letto e concedersi di pensare che la vita è bella.
Tornare alla scrivania e mettere i Colplay a palla e sentire di essere viva, con gli uccellini che cantano e vanno a tempo con Chris Martin e la gioia di poter stare a maniche corte e sentire la voglia di scrivere, dopo tanto tempo. E allora ridere, da sola, come la stupida, ma alla fine che importa? Questa domenica mattina è a modo mio, come lo erano le domeniche mattine di quando ero bambina. Me le ricordo le domeniche mattine invernali, io e mia sorella, con i cappottini uguali ed i cappellini assortiti, mano a mano a nonna p per andare a messa. E credere in Dio era così semplice, credere all'angelo custode e la gioia di cantare alla messa dei ragazzi e di vedere nonna che pregava seria seria, ma in realtà avevamo tanta gioia dentro nella chiesa in penombra. E poi uscite dalla chiesa andare a passeggio con Mutti e c'erano sempre pezzi di focaccia da mangiare e bambini con cui giocare nella villa comunale, correndo fino a sudare, e poi a casa, pranzare e passare il pomeriggio a fare qualcosa di creativo con la pasta di sale. Non pioveva mai la domenica mattina, c'era sempre questo sole tagliente e l'aria fredda e pulita. Poi arrivava la primavera e a messa non ci andavamo più la domenica mattina, ma il sabato pomeriggio, alla messa delle vecchiette, dove non c'era gioia, ma religioso silenzio. Il mio dio io lo incontravo la domenica mattina, quando andavamo nel giardino della casa al mare e correvamo con le braccia nude, giocavamo e Mutti prendeva il sole e se c'era Baba c'eraano sempre cose da imparare. Ed i primi gelati della stagione, da mangiare con Lucia sedute alle seggioline di plastica, orgogliose di essere andate a comprarle noi stesse, attraversando la strada mano nella mano mentre Mutti ci guardava dal cancello verde. E io lo entivo Dio, sentivo il mio angelo custode in quel giardino dove il nonno aveva messo le rose e le belle di notte, quasi lo vedevo Dio, nelle lucertole che saettavano tra le pietre bianche, nelle farfalle che si posavano sulla maglietta di Lucia, nel sole che mutti prendeva e poi trasmetteva nei giorni successivi, luminosa e sorridente. 
In quelle domeniche, invernali, primaverili, era così facile credere in Dio.
Adesso non so se ci credo, adesso credo nelle persone ed in questo sole che mi sorride.
Credo nelle colazioni con AlexV e nei libri.
Anche e a volte quasi li vedo, Dio ed il mio angelo custode. Nella musica e nelle lame di sole che entrano dalla mia finestra.
Svaniscono subito, ma lasciano una pace che ricordo solo nell'addormentarmi accanto a Lucia, da bambine.
                               Midori

2 commenti:

  1. Bellissimo questo post.
    Mette in luce la tua anima.
    A presto.

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  2. Mi è piaciuto un sacco. Vabbè, volevo giusto scriverlo.

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