martedì 29 maggio 2012

Yeah

Dopo due esami in meno di ventiquattro ore e con una pausa di una settimana dal prossimo esame, posso dire di essere tornata alla vita. O quasi, perché ho i libri del prossimo che mi guardano con aria torva. Shit.
La cosa più bella di un esame fatto è tornare a casa e mettere via i libri. Bella lì, mi metto a svuotare lo zaino e li allineo sullo scaffale più alto, ormai solo a scopo consultivo. Belli loro, tutti allineati e colorati. Ad alcuni esami mi ci affeziono, tipo questi due li stavo preparando da Pasqua , capite bene che un certo feeling ce lo instauri, poi vabè, le cose finiscono, rimanete a vegliarmi dal libretto e dallo scaffale. O forse la cosa più bella è il pomeriggio intero di sonno che mi concedo, mi schianto sul letto e per le successive cinque ore ronfo da Dio. E non ci sono per nessuno.
Poi alla fine, io lo dico: a me fare gli esami non piace particolarmente, oddio, penso a nessuno. Però della fase preesame una cosa che mi piace c'è. Quando si sta ad aspettare, nel corridoio, con tutti gli altri, a seconda della compagnia può essere piacevolissimo. Io ormai sono due anni che faccio esami al primo appello: a questo punto si è arrivati che al primo appello ci vanno sempre le solite persone. Ormai siamo un team affiatatissimo: anche se durante le lezioni ci calcoliamo poco, fuori dall'aula ci aggiorniamo su vita, morte e miracoli. E ridiamo delle scope che inevitabilmente si sentono.
-Professoressa, ma io sono una studenta del secondo anno!

Ecco, magari se sentiamo cose come queste un po' ci disperiamo, perché siamo nel dipartimenti di italianistica e c'è Luca Serianni due porte più in là: praticamente come bestemmiare in chiesa davanti al Papa.

Il succo della vicenda, comunque, è che nonna p ha fatto bene i conti con Santa Rita e che ce l'abbiamo fatta, anche con i complimenti dell'assistente acido. Mi merito un premio. Stasera gelatone enorme.

                                                                                                  Midori

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