Due anni fa, quando ero una donzella innocente (cof cof), il Rufo mi chiese di accompagnarlo a verbalizzare un esame (pratica che lo galvanizza e che lui vuole sempre condividere con me). Quella fu la mia prima volta alla facoltà di ingegneria. Dato che il Rufo mi aveva promesso che dopo saremmo usciti mi ero messa tutta carina, truccata e con un grazioso vestitino. Arrivati sul posto mi sento un po' osservata.
Arriviamo di fronte all'aula della verbalizzazione. Il Rufo scatta avanti per guadagnare un posto in fila, io lo seguo a poca distanza. Sulla soglia mi incrocio con un tipo, il classico studente di ingegneria. Questo mi guarda, mi sorride, si fa da un lato per farmi passare e poi mi dice
con sguardo lascivo,
aria galante
e pesante accento barese
"Attenta signorina, che qua ci stanno le belve".
Io faccio una scatto felino e sono al fianco del Rufo. Giro lo sguardo attorno.
Un'aula da trecento posti. Tre quarti di essa occupati. E l'unica altra donna era l'assistente del professore. Sguardi pseudo famelici.
-Ehm Rufo, io vado a farmacia qui accanto a salutare un'amica...vienimi a recuperare da lì.
Le altre volte che sono passata da ingegneria mi sono vestita da uomo.
Midori
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