C'è una poesia di Erri DeLuca, si chiama "Preghiera di un soldato di notte". I versi finali di questa poesia mi sciolgono il cuore.
Quando gela non escono le lacrime,
piangerò in primavera.
C'è una cosa che mia madre e mia nonna ripetono sempre, e prima di loro la diceva la bisnonna a quanto pare. Non è una frase fissa, non ha parole di rito, è un concetto che passa nei gesti, negli occhi. Si tratta dello stesso tema di fondo di questi due versi.
Non ci si può fermare a piangere nel bel mezzo della corsa. Si deve arrivare alla fine, prima di poter buttare tutto fuori. Non si deve lasciar andare tutto in malora per piangersi addosso. Stringere i denti ed andare, tirandosi dietro chi vorrebbe solamente stendersi a terra e piangere. Le lacrime devono venir fuori quando si è fatto tutto il possibile, le redini sono state riprese.
Questo mio secondo anno a Roma non è stato facile.
Ma l'inverno è finito.
Domani, quando scenderò dal treno e amici, parenti e genitori mi chiederanno come è stato quest'anno, gli risponderò che è stato lungo. Molto lungo, ma è passato.
Midori
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