Da brava fuorisede i miei orari dei pasti e della vita in generale sono abbastanza sballati.
Tornare a casa è sempre uno shock, quindi.
Mentre quando ero bambina si avevano orari abbastanza meridionali (ovvero pranzo verso le due, due e trenta, cena dalle nove in poi), man mano che sono cresciuta i nostri orari sono arrivati a coincidere con quelli della latitudine milanese.
Penso che quest'anno abbiamo raggiunto il colmo: i nostri orari non sono più milanesi, neanche di quelli da ospedale. Sono quelli da ospedaletto dei bambini gestiti dalle suore. Alle dodici, cascasse il mondo, si pranza. Alle sei e mezza nonna P reclama la cena, a quel punto, allora ceniamo tutti.
Se in più aggiungiamo che i miei pasti consistono in passati di verdure per non tirare i punti, il quadro è completo.
Un giorno di questi mi aspetto che passi anche la suora a darci il cucchiaio di olio di fegato di merluzzo.
Midori
P.s. Scusate il piccio che emerge prepotente dai miei ultimi post, è che sono fastidiosa come un lattante che sta mettendo i denti. Solo che io li sto togliendo.
P.p.s. Nonna P si è appena precipitata in camera mia, sorridendo a trentadue denti (finti).
"Midò, è chiamata Lucia! Renzo ha fatt u esaàm! Ha vinto!". E se ne tornata in cucina trotterellando.
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