mercoledì 25 luglio 2012

Canzoni&cappelli

Passando davanti ad una merceria sono rimasta fulminata sulla via di Damasco. In vetrina c'era il più bel cappello che avessi mai visto. Entrare e svenare le mie già magre finanze per comprarmelo è stato un niente. E così martedì partirò per la Spagna armata di cappellone di paglia da turista americana.
A me piacciono i cappelli, ma la colpa non è mia.
La colpa è di Francesco De Gregori.

In origine ero una bambina normale. Poi in macchina di baba comparve un'audiocassetta con i più grandi successi di De Gregori, che il suddetto uomo proclamava essere il suo cantautore preferito. Essendo ai tempi nel pieno del complesso di Edipo, decisi che De Gregori meritava di diventare il mio cantante preferito. La motivazione vincente era che aveva il mio stesso nome. Ora, nella mia mente da bambina, se al mio babuzzo piacevano le canzoni, io dovevo essere come il testo di quelle canzoni, per essere sempre all'altezza di tutto.


Come quando fuori pioveva e tu mi domandavi 
se per caso avevi ancora quella foto 
in cui tu sorridevi e non guardavi. 
Ed ecco che in tutte le mie foto da bambina sfodero uno sguardo storto, malefico e quasi strabico, condito da un sorrisetto quasi maligno. In tutte. E mica l'avevo capito che la canzone parlava di una tipa che se ne andava, lasciandolo lì. Ma che ne sapevo io.
E di seguito ho imparato ad andare in bicicletta per Il Bandito ed il campione. Ho provato ad imparare a giocare a calcio grazie a La Leva calcistica del '68. Ho cominciato ad apprezzare i gatti grazie ad Alice.


Ma i cappelli, direte voi.
La colpa è di Titanic.
Ci sta mia figlia che ha 15 anni e da Parigi ha comprato un cappello.
Il danno era fatto.
E per il resto della mia vita non ho fatto altro che comprare cappelli e comparire in foto dove sorridevo ma non guardavo. 
                                           Midori

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